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Lynyrd Skynyrd: sudisti conservatori o patrioti romantici?

Aggiornamento: 25 ott 2020



Una delle frasi che senza ombra di dubbio più mi rattrista è: “Ma ascolti i Lynyrd? Ma come fai? Quelli sono solo dei fascisti!”; è davvero un peccato che un gruppo così venga etichettato con così tanta pochezza e meschinità. È vero: i Lynyrd Skynyrd suonano con attorno la bandiera sudista, adorano il sud e lo elogiano in continuazione. Ma sono solo questo i Lynyrd? No.

La storia di una delle band southern rock più antiche e prolifiche di sempre comincia nel 1964, capitanata da Ronnie van Zant ed il chitarrista Gary Rossington. Cominciarono a conquistare successi sin dal loro primo lavoro “(Pronounced ‘Leh-nérd ‘Skin-‘nérd)” comunemente noto al grande pubblico solamente come “Pronounced…”: la traccia sicuramente più importante è l’8ª, ovvero Free Bird, una traccia di ben 9 minuti con uno degli assoli più belli della storia, che fu scritta soprattutto per far riposare Ronnie -il cantante- durante i concerti. Anche in quest’album la devozione del gruppo verso la propria madrepatria è preponderante, accompagnata dalla voglia di libertà e delle cose semplici della vita, ma non è comunque quest’album quello che creò scalpore a livello internazionale.

Siamo nella prima metà degli anni ’70, i Queen rilasciavano il loro primo album in studio, gli Who stavano preparando lo storico Who’s Next e Neil Young finiva di comporre Harvest (1972) nel quale è presente la storica traccia Alabama. Ecco, qui inizia la “brutta” fama degli Skynyrd: essi si sentirono presi in causa in quanto le accuse del creatore del grunge verso il razzismo radicato negli stati del Sud degli USA andarono a ledere una grossa fetta degli abitanti di stati come Texas, Alabama e Florida.

È il 1974 e Ronnie van Zant ha preparato una grossa risposta, la pluripremiata e celeberrima Sweet Home Alabama: in questa canzone viene eseguita una serie di provocazioni nei confronti di Neil Young (“Well I heard Mister Young sing about her, well I heard ol’ Neil put her down, well I hope Neil Young will remember a Southern Man don’t need him around anyhow!”, che tradotto in italiano è: “Ebbene ho sentito Mister Young cantare di lei -Alabama ndr.-, ebbene ho sentito il vecchio Neil umiliarla, ebbene spero che Neil Young si ricorderà che un uomo del Sud non ha bisogno di lui in ogni caso!”). L’album in questione è Second Helping, uno dei più grandi album rock (southern quantomeno) di sempre: Don’t Ask Me No Question, Call Me The Breeze (cover di JJ. Cale), I Need You e, naturalmente, Sweet Home Alabama, fanno volare in cima alle classifiche la band. È proprio quest’album che uccide la teoria de “Gli Skynyrd sono razzisti”, ma perché? La prima traccia del lato B di questo splendido vinile è intitolata The Ballad of Curtis Loew: la canzone è una sorta di storia raccontata dalla magnifica voce di van Zant, che narra le vicende di un ragazzo bianco del sud degli Stati Uniti, il quale ogni giorno si reca nel market vicino casa per vendere delle bottiglie, racimolare quattro soldi e comprare un bicchiere di vino ad un afroamericano di nome Curtis Loew, cosicché egli potesse suonargli in cambio del genuino e sano blues; con Curtis non ci parlava nessuno, eccetto il giovane “country boy”. L’ammissione del problema del razzismo nel sud degli USA da parte dei Lynyrd in questa traccia è importantissima, infatti dopo aver spiegato che con quel signore “sulla sessantina con i capelli bianchi” non ci parlava anima viva, spiega che addirittura alla mamma del giovane country boy, non gli andava a genio il fatto che il figlio frequentasse il bluesman afroamericano, anzi, non le andava proprio; ma lui, superati i pregiudizi e seguendo la musica (l’unica cosa che può unirci), lo incontra comunque. La canzone si conclude dopo un assolo con van Zant che racconta che il povero Curtis è morto ed aggiungendo che al funerale, eccetto il ragazzo bianco, non ci andò nessun altro.

La canzone, la quale dura poco più di 4 minuti, è di una dolcezza infinita: van Zant ci racconta una storia che probabilmente ha vissuto sulla sua stessa pelle (ed effettivamente la band ha pubblicato sul proprio website la foto del negozio dal quale è stata tratta la storia, che era proprio nel quartiere della città natale di Ronnie, ovvero Jacksonville, Florida), ammettendo il bigottismo di quegli anni verso persone con il colore della pelle diverso dai comuni abitanti.


In più e più interviste è stato chiesto ai rimanenti membri cosa ne pensassero di tematiche come il razzismo o il suprematismo bianco ed hanno sempre dichiarato che sono mali che devono essere debellati il più in fretta possibile, ricordando sempre e giustamente che loro fanno un genere musicale (il blues, per l’appunto) che è nata proprio da afroamericani, quindi sarebbe solo che stupido essere intolleranti, ma allo stesso tempo tengono immensamente alla loro terra, il che la rende una questione prettamente goliardico/patriottica il gesto della bandiera sudista come mantello (per altro cominciata col fratello di Ronnie dopo la sua prematura morte).

In conclusione, vorrei invitare tutti voi, cari miei lettori, ad ascoltare attentamente i testi dei Lynyrd Skynyrd, perché in mezzo a quei ricordi di quando andavano a pescare o si spaccavano di alcol, cantati con parole semplici per persone semplici, potreste scovare una perla che vi porterete avanti per il resto della vita.


“To me, there’s nothin’ freer than a bird, you know, just flyin’ wherever he wants to go, and I don’t know that’s what this country is all about, being free. I think. Everyone wants to be a free Bird.”

- Ronnie Van Zant


Dedicated to Ronnie van Zant, one of my main sources of inspiration. Rest in Power Ronnie, free Bird.


Lynyrd Skynyrd - Second Helping (Full Album) (1974)


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